lunedì 29 luglio 2013

rivista tecnologica alla portata di tutti

Sfoglio riviste del settore da sempre, il prezzo varia, ma il contenuto o meglio la qualità di quest'ultimo è generalmente nella media, e cioè mediocre...
Difficilmente, parlo per me, ho trovato in un singolo numero più articoli che mi interessassero, ed in caso positivo raramente venivano trattati in modo esaustivo.
Conoscevo già da tantissimi anni Altroconsumo, piacevole a sfogliare, anche perchè mi interessava sempre sapere quale tostapane fosse il più valido tra la rosa dei proposti, non fosse altro che per cultura personale o per saperne parlare.
Non conoscevo invece la costola tecnologica di questa rivista, e cioè Altroconsumo Hi Tech. Certo si parla di ben 6,90€ nella versione cartacea e qualcosa in meno nella versione pdf, ma, sorpresa delle sorprese, dei ben quindici numeri che mi hanno prestato, ce ne fosse stato uno con più della metà degli articoli che non hanno suscitato il mio interesse!
Tutti argomenti interessanti e volendo attuali anche trattandosi di numeri che risalgono al lontano 2010.
Che dire, al limite provatene un numero :)

sabato 27 luglio 2013

pessima settimana informatica

pessima settimana informatica...
e per chi, con l'informatica, ci mantiene la famiglia non è il massimo!
il botto da 90 l'ho ricevuto grazie ad un certo hmei7 che ha deciso di sfruttare per ben due volte consecutive la mia indolenza nell'aggiornare delle vulnerabilità nel mio sito mettendolo KO.
adesso il bambino è decisamente a terra, e con questa scusa farò tabula rasa rimettendolo in piedi con l'ultima versione di software, con meno "munnizza" e sicuramente più ragionato.
in mezzo mettiamoci la morte del mio cellulare aziendale, con tutto il suo contenuto, portato in sostituzione, con relativa ricaricamento di circa 500 contatti, appuntamenti e note per poi accorgermi che anche il muletto andava male...
altra restituzione, nuova riconsegna di altro muletto ed altro ricaricamento di dati (non spaventatevi, trattavasi di semplice sincronizzazione via rete).
nel corso della settimana altre minchiatelle col botto finale del non riuscire a stampare la busta paga in formato A4...
OK, era venerdì e per due giorni con il mio nuovo Call of Duty mi sfogherò a sparare ai terroristi con tutto il mio arsenale a disposizione.
che cazzo di settimana però...

che poi, a pensarci bene, grandissimo minchione di hmei7, mi spieghi dov'è la gloria nell'hackerare un sito le cui vulnerabilità si trovano sui libri d'informatica delle scuole elementari?
mi spieghi poi tu, che avrai circa 20 anni, che soddisfazione provi a devastare siti con la stessa facilità con la quale io potrei rubare caramelle ad un bambino di 5 anni? credo debba farti visitare da uno bravo, e comunque non sono sicuro, vista la tua espressione da prepuzio con le orecchie, che tu riesca a venirne fuori.

a distanza di 10 anni ho riletto questo post e desidero mettervi a conoscenza di qualcosa. Le mie ricerche su hmei7 sono poi continuate finchè sono finito su un blog aperto da un esperto di sicurezza informatica pakistano (i pakistani sono tostissimi!) il quale è stato interpellato da un suo amico rimasto vittima di questo cretinetto. Dico cretinetto perchè il pakistano è riuscito a risalire a lui, e per lui intendo la sua reale identità e non il viso mascherato che con spocchia espone sul suo profilo istagram la le sue vere foto. Il tizio ha estrapolato TUTTE le sue email personali, la sua identità, il fatto che sia indonesiano, dove lavora, il titolo della sua tesi di laurea come ho già detto le sue foto senza maschera (grandissima faccia di c..zo), ed altra informazioni interessanti, il tutto pubblicato nel blog a lui intitolado in modo tale che basta una ricerca su google a suo nome per trovarlo. Il diavolo fa le pentole ma NON i coperchi :)

giovedì 4 luglio 2013

una notte fuori dall'ordinario: mini racconto

una lettura su un forum mi ha dato lo spunto per questo brevissimo racconto che, lo ammetto, ha molto del cazzaro.
sorvolate sulle incongruenze ed abbiate pietà di uno che fa tutt'altro che lo scrittore.
per facilitarmi il compito ho ambientato il racconto in un contesto che ho parzialmente vissuto in prima persona.
ecco a voi il frutto della mia mente farneticante:

E’ mia intenzione percorrere tutta la dorsale dei Nebrodi, ma preferendo fare le cose per gradi, ho deciso di iniziare con la prima tappa.
Percorriamo una bellissima carrozzabile che dopo una parte allo scoperto, inizia ad addentrarsi in boschi di querce, roverelle con bei cespugli di mirto carichi di bacche.
Il passo è di tutto riposo, tant’è che non riusciamo ad arrivare in tempo a Portella dell’Obolo visto che il buio ci raggiunge quasi di sorpresa.
Troviamo una radura con un abbeveratoio dove riempiamo le borracce, poi ci arrampichiamo un poco sull’anfiteatro che la circonda ed appena troviamo gli alberi alla giusta distanza in un punto con meno pendenza iniziamo a montare le amache e preparare il bivacco.
E’ buio pesto e lavoriamo con le torce frontali. Il silenzio è rotto dai campanacci delle mucche che pascolano nei dintorni ed assieme al mio socio armeggiamo con il paracord (1) per fissare i tarp (2) sopra le amache. 
Sentiamo un rumore nel bosco, prendo la mia torcia fenix (3) ed alla massima potenza l’accendo e comincio a sciabolare nel buio.
Strano ho la sensazione di intravedere una sagoma umana, gli scherzi del buio penso, ma subito dopo un movimento alla mia sinistra catalizza la mia attenzione, un maiale nero dei nebrodi!
Illuminato l’animale mi guarda e, con flemma suina si allontana nel fitto della boscaglia.
Finiamo di montare le amache e sistemiamo gli zaini legandoli con del paracord ed issandoli in alto sfruttando un grosso ramo che ci sovrasta.
Siamo molto stanchi, e dopo aver mangiato ci corichiamo prendendo subito sonno.
4 spari in rapida successione ci svegliano, mi precipito fuori dall’amaca per afferrare il fischietto che ho dimenticato appeso assieme al cappello al cordino che sostiene il tarp, l’afferro e per sicurezza mi accoscio. Intanto una forte lampada inizia a scrutare il bosco ed io mi blocco: cerco di capire la strana situazione, tra l’altro potrebbero essere bracconieri e non mi sembra il caso di farmi sentire-vedere.
Percepisco un movimento alle mie spalle, ma il bosco è pieno di animali e la mia mente bypassa subito questa sensazione concentrandosi di più sulla luce che una e due volte ci inquadra. Sono sicuro che non ci hanno individuato visto che ci siamo infrattati bene e che sia le amache che i tarp sono verdi.
Lo vedo bene adesso, alla luce della luna che ha fatto capolino tra le nuvole, è un flash ma abbastanza per vedere un uomo vestito di verde con un fucile a tracolla.
“Bene” penso, “pensa tu con chi siamo finiti…”, intanto la mia visione notturna migliora.
Improvvisamente vedo chiaramente un puntino rosso che si ferma all’altezza del suo petto e si ferma come si fosse incollato alla sua giacca, altri fasci rossi dal bosco alle mie spalle forano il buio attraversando la bruma della notte, incrociandosi e concentrandosi sugli altri due uomini che erano rimasti vicino ad un fuoristrada.
“Cazzo, sono puntatori laser!” e mi volto lentamente cercando di capire da dove provengono, ma è come guardare dentro ad un pozzo.
Intanto dal punto dove avevo percepito il movimento poco prima percepisco un bisbiglio, accidenti è più vicino di quanto immaginassi…
I cacciatori cominciano ad entrare nel panico, uno stupidamente imbraccia il fucile punta il bosco... e si scatena l’inferno!
Una raffica di mitra squarcia il silenzio, e subito dopo i bisbigli attorno a me si moltiplicano… “rosso cinque convergere”, “via via via!”
Subito dopo delle ombre cominciano a scendere velocemente dall’anfiteatro che circonda la conca dove si trovano i cacciatori, mentre i punti rossi sui cacciatori si moltiplicano. Sono tutti attorno a me, li “indovino” ma non li vedo, sono in tanti!
Tutto stà avvenendo velocemente, sono attimi!
A 50 metri alla mia sinistra una voce intima “fermi e faccia a terra!!!” mentre alle mie spalle si materializza una figura nera, con un passamontagna nero che lascia scoperti solo gli occhi e la bocca, ha un mitra nella mano destra mentre con la sinistra pone l’indice sulla bocca. Percepisco odore di stallatico.
Tra i cacciatori è il panico, gridano di non sparare mentre quello che era sulla macchina cade in ginocchio e comincia a piangere.
Le ombre che escono dalla boscaglia velocissime li raggiungono, si muovono al chiarore della luce dei fari della macchina, contemporaneamente alla mia destra altre due sagome escono dal bosco e come due cinghiali inferociti si catapultano su quello con la torcia e l’immobilizzano. In quattro circondano i due cacciatori accanto all’auto, buttano giù quello che piange in ginocchio ed armeggiano velocemente sui loro polsi.
Come se rispondessero ad un comando si rizzano e contemporaneamente dal bosco silenziosi come la morte ne escono altri, “ma quanti cazzo sono!” penso.
Quello alle mie spalle a bassa voce dice a me ed al mio socio che nel frattempo era uscito dall’amaca “scendete anche voi” e con lui alle nostre spalle, con qualche difficoltà visto che siamo ancora senza scarpe raggiungiamo il resto del gruppo.
Come per incanto le nuvole si diradano, ed alla bianca luce della luna ci si presenta una scena da film: una ventina di uomini vestiti tutti di nero, con il viso dipinto in tinta alcuni, altri in passamontagna ed armati fino ai denti sono disposti a semicerchio con una metà rivolta verso il bosco mentre l’altra metà tiene sotto tiro i due poveretti a terra ed il terzo cacciatore che è con le mani appoggiate sul cofano mentre, sotto tiro da una delle ombre viene perquisito da un’altra.
Si avvicina a noi uno di questi all-black e mentre si leva il cappuccio con cordialità ci dice: “sono il tenente Galassi dell’arma dei carabinieri, vi tenevamo d’occhio già da un bel po’. Vi siete fatti una bella scarpinata!”
Sento che la tensione che mi attanagliava comincia ad abbandonarmi e con voce tremante per esorcizzare la paura presa rispondo “e non potevate farvi vivi quando abbiamo fatto il caffè?”.
Il tenente ride “siamo in missione di ricognizione ed esplorazione del territorio ed è imperativo mantenerci nascosti”, “comunque” prosegue “uno strappo potremmo farlo, se vi basta un bel caffè l’accettiamo”, poi volgendo lo sguardo verso i tre cacciatori prosegue “i signori dovranno rispondere di un bel po’ di reati incluso la caccia di frodo”.
Sento il rumore di un elicottero che si avvicina, guardo in alto e lo vedo arrivare.
Atterra al centro della radura mentre con la coda dell’occhio vedo tre carabinieri che sempre armi in pugno avvicinano i cacciatori al portellone. Delle braccia si allungano dall’interno per prenderli ed in un men che non si dica l’elicottero è già sparito nella notte.
La configurazione degli uomini nella radura non è ancora cambiata, il tenente mette un dito sull’orecchio destro e mormora “fine azione, convergere, i signori ci offrono un bel caffè”.
Si volta verso di me e vistomi ancora con lo sguardo allucinato sfodera un rassicurante sorriso e mi schiaccia un occhio.
Il mio socio è già alle amache e vedo nel buio l’accendino accendersi e la fiamma azzurra della spiritiera (4) apparire. Ringrazio il cielo per aver portato una confezione intera di caffè (quando mai io…).

Mentre tutti iniziamo a risalire il pendio chiedo a Galassi “ma a quale stazione appartenete?”, “siamo in trasferta” risponde, “e siamo del Tuscania”.

(1) paracord = resistente cordino ricavato dai tiranti dei paracadute
(2) tarp = inglesismo per definire il telone usato nei modi più disparati nell'escursionismo
(3) fenix = nota marca di lampade tascabili
(4) spiritiera = piccolo fornello ad alcool

accendiamo il caminetto: racconto brevissimo

nel lontano 28 novembre 2010 pubblicai sul forum avventurosamente questo minimini racconto, battezzato 'accendiamo il caminetto':

insomma, insisti di qua insisti di là, la famiglia ha deciso (imposto) di accendere il caminetto.
legna asciutta neanche a parlarne...
ormai è diventata una questone di principio: tutti sul divano con le mani sul grembo i grandi, sulla nintendo ds il piccolo (e quando mai) aspettano in religioso silenzio (diciamo che si sono azzittiti quando mi sono incazz...).
faccio volare via la diavolina presa dallo zio l'alcool ed i fogli di giornale, apro la finestra per fare uscire il fumo.
vado nello studio ed apro lo zaino. spunto in salotto con uno squardo da basilisco con il camillus pilot (1) in una mano (la suocera mormora sottovoce "Maria proteggici tu!") cotone vaselina e firesteel (2) nell'altra.
estraggo il coltello (swisshhhh!) prendo il primo tronchetto preso in giardino dal furbo di turno che incenerisco con il primo sguardo, lo metto verticale sul pavimento in gress. mia moglie balbetta "ho passato l'aspirapolv..." giro il collo e da sopra la spalla l'incenerisco con lo sguardo, "scusa" mormora...
poggio di taglio il coltello al centro del tronchetto e prelevo dal cesto della legna un bel pezzo di legno dal diametro di circa otto centimetri, e comincio a darci dentro di batoning.
il nuovo filo del camillus è perfetto, al secondo colpo ben assestato craack ed il legno si spacca "ooohhh" mormora la platea.
il pavimento con mia sadica soddisfazione si riempie di pezzi di corteccia, scaglie di legno ed altre porcherie, ed io godo!
ne faccio a quartini 3 di quelli giusti. poi apro la confezione di cotone idrofilo, sott'occhi guardo la platea che viene percorsa da un fremito di rivincita "Lo vuole accendere con il cotone" morora lo zio esperto in diavolina con malcelata soddisfazione, mentre io come un alchimista apro la confezione di olio di vaselina ed inbibisco il batuffolo. ho la netta sensazione di un risolino che proviene dal pubblico. sorrido, anzi ghigno...
con cura aiutandomi con il leatherman (3) come pinza inserisco il cotone proprio al centro della catasta, "ed adesso là sotto come l'accende?" mormora la nonna che sulla poltrona lavorava ai ferri.
ghigno di nuovo, prendo il firesteel l'avvicino alla catasta gli appoggio sopra la lama del camillus e con un gesto repentino tiro il bastoncino di magnesite.
le scintille miracolosamente sprizzano ed incendiano all'istante il cotone che inizia a bruciare neanche fosse intriso di benzina.
"oohhh" esclama la platea.
mi alzo ripongo il coltello nel fodero, tappo la vaselina, metto il tutto sotto braccio e con malcelata soddisfazione dico "continuate voi".
non è andata proprio così... ma quasi...

(1) camillus pilot=coltello da sopravvivenza in dotazione ai piloti dell'aviazione americana
(2) firesteel=barretta in ferrocerio che se strofinata da una lama provoca scintille
(3) leatherman=nel dettaglio multitool con funzioni di pinza, coltello, giravite, seghetto ecc. ecc.

martedì 2 luglio 2013

accetta contro tomawak

Parliamo di due oggetti virtualmente simili ma fondamentalmente diversi sia strutturalmente che come destinazione d'uso.
Per non di meno sono virtualmente sovrapponibili ed adesso vediamo come e perchè.





Dalle immagini vediamo che si tratta di due strumenti decisamente simili, in pratica la prima è un'accetta mentre il secondo è un tomawak. Nella destinazione d'uso quest'ultimo vuole adattarsi ad un doppio uso, e cioè accetta ed arma nel senso proprio della parola, con la differenza che mentre come arma riesce a farlo abbastanza bene, come accetta ha qualche limitazione, per lo meno se confrontato con un accetta pura. La differenza è evidente osservando il taglio (in gergo bisello) che nell'accetta è molto più pronunciato, assolvendo così alla funzione di cuneo che si apre meglio la strada nel legno. La differenza si estende alla parte posteriore della testa del tomawak che è appuntita, proprio per offendere in quanto arma.
Nel dettaglio ci troviamo per l'accetta di fronte ad una Wetterling 118 Bushcraft che pesa ben 700 grammi mentre per il tomawak un Cold Steel Trench Hawk che ne pesa ben 672.
In pratica come pesi siamo equivalenti e credo che la differenza per il cold steel la faccia il manico il polypropylene.
Nell'uso pratico al momento di spaccare la legna l'accetta risulta vincente causa il maggiore peso della testa mentre come arma di difesa il tomawak necessita essere più agile e quindi meno incisivo sulla legna (parere personale).
Cosa scegliere allora? beh... se siete un tipo paranoico e temete aggressioni nel bosco, allora come difesa personale, il tomawak non teme confronti, ma se dovete darci dentro di legna, allora una buona e collaudata accetta non ha rivali.
Forse non tutti sanno che in origine il tomawak indiano era costruito in modo molto primitivo da una pietra appuntita fissata all'estremità di un manico di legno. Quando i primi europei sbarcarono nel nuovo continente portarono con se le asce d'abbordaggio


che venivano usate sia in combattimento che come utensili per liberare il sartiame in caso di emergenza. I nativi apprezzarono subito questo strumento facendolo subito proprio così come noi oggi l'abbiamo sempre visto in loro mano.